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Mc Donald’s – Lentate sul Seveso

Dopo qualche dubbio amletico, una veloce pausa pranzo oggi presso questo ristorante, parte, sembra, di una catena in forte sviluppo. Il ristorante è qui e, mi dispiace, niente StreetView :(.

L’arredamento è molto american pop, giocoso. Da subito si capisce che c’è qualcosa di diverso, che il patto sociale tra gourmet e chef è stato violato: non ci sarà il maitre ad accompagnarvi al tavolo, ma potrete scegliere voi dove sedervi.

Il ristorante propone vari articoli, principalmente Hamburger e variazioni su di questi, con diverse materie prime e diversi topping, con un’offerta di accompagnamento di patatine fritte, insalata. Qualche dolce e un’area bar completano il tutto.

Il servizio è particolare, nel senso che non c’è: si fa tutto da soli, compreso andare a prendersi il cibo e sparecchiare. Questo però risparmia a noi gourmet il dilemma della mancia (quanto? e a chi?).

Il menù non è molto chiaro: è esposto solo dietro il bancone, le scritte sono piccole. E’ decisamente un locale per adepti che lo frequentano spesso, li si può distinguere dal fatto che ordinano subito piatti che a noi manco verrebbero in testa. Con qualche peripezia, riesco a ordinare qualcosa: prendo un CrispyMcBacon menù con Patate West, Nastro Azzurro alla spina servita in bicchiere di plastica e, in rinforzo, un Hamburgher.

Mi viene anche regalato un bicchiere (in vetro viola, brandizzato Coca Cola), netta strizzata d’occhio alla “free culture” descritta da Chris Andersen. Raccolto il vassoio, mi avvio al mio posto.

Che dire, tanta spartanità nel servizio è bilanciata da un cibo da re: nonostante il totale del sale da cucina contenuto nel mio pranzo superi i 6 g (coprendo quindi la mia intera dose giornaliera) e nonostante la consistenza del pane e delle verdure sia quantomeno “particolare”, molto Ferran Adrià like, il gusto trionfa sopraffino. Il CrispyMcBacon aggredisce inizialmente con una nota affumicata, grgliata, data dalla pancetta, e prosegue con un robusto sapore di carne, o meglio, con un sapore di “sapore di carne” che apre una prospettiva metafisica sul pasto. Ottimo anche il formaggio arancione che copre l’hamburger: cosa sarà? Cheddar gallese? Gouda olandese ottenuto da vacche allevate sotto il livello del mare?

Le patatine West sono particolari patate fritte composte a griglia, unite tra loro e speziate con una miscela che richiama il texmex: un filo piccanti, cipollose, saporite. Leggermente unte, ma penso faccia parte del food design del locale 🙂

L’Hamburger, preso di rinforzo a una porzione altrimenti un filo scarsa, è il piatto prìncipe e come tutti i princìpi è al tempo spesso semplice da capire ma rivelatore della mission del locale : gusto deciso, che inizia, prosegue e finisce sempre nello stesso modo. Un notevole esercizio di coerenza, e di certo uno smacco a tutti quei cultori di “note di testa”, “retrogusti”, esplosioni aromatiche varie.

Il conto? 7,60 miseri euro, roba che da Savini non ci pagate nemmeno l’acqua minerale.

Di sicuro un’esperienza culinaria interessante, molto decisa nel proporre un modello immediatamente comprensibile, decisamente a tutto tondo visto che comprende anche l’esercizio lucido e allegorico del prendersi il cibo e dello sparecchiarsi la tavola. Non mi stupirei di sapere che nel brain trust dietro questo esperimento si nascondono chef del calibro di Heston Blumenthal, non nuovo a questo tipo di commistioni tra cibo ed esperienze. Peraltro, mi sento di poter affermare che questo format potrebbe avere i numeri per diventare una catena, almeno a livello nazionale. Ma diamo tempo al tempo.

Nota: Sissio, così va bene? 😛