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Scemo io…

che a 16 anni non andavo in giro a far rapine, quindi?

Nessuno però crede che il giovane possa essere considerato un criminale: «E’ stata una bravata, è stato coinvolto da altri», dicono alcuni compagni.

E’ che li fanno anche parlare. Capisco il democratico diritto al contraddittorio, la necessità di non dare nulla per scontato, ma ultimamente si è persa la nozione che a un certo momento si deve riconoscere che c’è un limite assoluto, che non può essere oltrepassato. E’ il limite dell’etica, chi va oltre sbaglia, deve essere cosciente di farlo e deve sapere che sta accettando tutte le possibili conseguenze.

Giustificare un proprio congiunto che viene ucciso dalle forze dell’ordine durante una rapina dicendo che ha fatto una bravata è una cosa che può essere fatta in famiglia, per nascondersi una verità.

Dargli risalto e credito su un media nazionale significa elevarla, ufficializzarla, dar valore all’opinione che veicola. Significa giustificare il relativismo del “Non si potrebbe ma…”, “in via del tutto eccezionale e contrariamente alle regole…”.