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Metanolo

Podcast ascoltato su Spotify, una delle loro produzioni dirette.

È l’“oral history” della storia(ccia) dell’adulterazione del vino con il metanolo avvenuta negli anni ‘80 in Italia.
Essì, perché in quella che oggi tutti pensano essere la patria del bere e mangiare bene, negli anni ‘80 si mandava al Creatore la gente aggiungendo una sostanza tossica, un veleno, agli scarti del vino per ricavarne altro vino, vinaccio a dire la verità, da vendere a volumi.

Il podcast affronta in 8 puntate tutta la storia in ordine cronologico, dai primi casi alla fine dei processi, alle conseguenze, usando molto bene un mix di racconto, intervista, documenti dell’epoca e cose moderne.

In generale mi è piaciuto; poteva pure essere un paio di puntate in meno e non avrebbe perso mordente. Le ultime due puntate sono brodo allungatissimo sul “dopo il metanolo”, che parlano delle conseguenze che si sono viste negli anni successivi, su come il mercato del vino in Italia è cambiato, su come si sia scelto di far crollare i volumi per aumentare il valore.

Qui e là in queste due puntate ci sono alcune imprecisioni tecniche; ad esempio la normativa sull’ etichettatura alimentare in Unione Europea è del 1978, e quindi non può essere stata “promossa” o spinta dall’ affaire metanolo. E peraltro il vino non ha tuttora grossi obblighi di etichettatura, a parte appunto la gradazione alcoolica (i famosi “dodici e mezzo” usati anche per il titolo di una puntata).
Stessa cosa per il vino “contraffatto”: tra sicurezza alimentare e frode alimentare vi è una differenza fondamentale. Il vino al metanolo uccide o ferisce, quello contraffatto colpisce nella borsa (e comunque solo i pochi che si possono permettere le centinaia o migliaia di euro a bottiglia).
Sono problemi? Sì.
Stanno sullo stesso piano? No.
Da una parte c’è un danno alla persona, dall’ altra un danno al patrimonio della persona. Chi ha usato il metanolo per il vino è stato denunciato per omicidio colposo, chi ha copiato un vino famoso è stato denunciato anche lui, ma per truffa.

Il cibo in primis deve essere sicuro, non deve far danno. Solo dopo si inizia a parlare della sua capacità di nutrire. E solo alla fine si inizia a parlare di qualità sensoriale (e in alcuni vini, specificherei di condizionamento sulla supposta qualità sensoriale)

Però alla fine il podcast è fatto bene, raccontato bene, scritto bene. E si fa ascoltare volentieri.