dedioste’s

Your daily dose of dedioste. Since 2004

Casa Museo Boschi Di Stefano

Un piccolo Museo gioiello nel centro di Milano. In Via Jan, praticamente una laterale di corso Buenos Aires, al secondo piano di una palazzina liberty tipica milanese, c’è un appartamento: è la casa dei signori Boschi Di Stefano, coppia di Milanesi, lui ingegnere alla Pirelli, lei ceramista, stabilitasi lì nel primo dopoguerra. Collezionavano quadri. Tanti.

Da qualche anno l’appartamento è diventato un Museo. Ingresso gratuito, all’ingresso verrete accolti sulla porta e vi verranno consegnati due guide, parziali ma comunque gradite, una alle opere e una agli arredi. Per il resto si è lasciati liberi di grare in quella che a tutti gli effetti è una casa, che da davvero questa sensazione di calore e passione nel collezionare e fa passare sopra a qualche opera che è esposta in condizioni di luce e posizione non ottimale.

Cosa c’è in questo museo? Un sacco di opere, tutte di pittori di matrice Italiana, che vanno dall’inizio del secolo agli anni 60. C’è di tutto, Boccioni (che firmava le opere con Gofnome e anno dell’era fascista), Maressig, Tosi, De Pisis, De Chirico, Sironi, De Pisis, Baj, Borra, Manzoni… Un vero compendio. Organizzato per gruppi, ovvero ogni sala un pittore o una corrente, su tutto mi hanno colpito tre artisti:

Sironi, austero nei ritratti e nei pezzi dove compaiono figure umane, avvolgente invece nei paesaggi. Tecniche diverse, collage, pennellate precise, altre ariose

Fontana, che sia nelle sculture che nei celeberrimi “Concetti spaziali” (serie di opere di cui fa parte anche la famosa serie delle tele tagliate, presenti anch’esse) fa davvero qualcosa di rottura, di illuminante. e vederlo dal vivo aiuta a capire quanto è potente il suo gesto, che chi non apprezza l’arte moderna/contemporanea spesso liquida con “ma cosa ci vuole a tagliare una tela…”. Ci vuole qualcosa, ci vuole.

Manzoni, beh, ho scoperto l’esistenza di questo museo perchè cercavo un posto che avesse sue opere. “Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte”, ovvero un uovo sodo con impressa con l’inchiostro la sua impronta digitale è già da se un capolavoro, e vederla dal vivo, è emozionante. Ci sono poi una serie di Achromè che colorano 😉 una barete, compreso uno tardo fatto in lana di vetro che è bellissimo.

Una visita consigliatissima, quindi, e un grazie al personale, gentilissimo, disponibile ed educatissimo (*). Peccato per l’età media dei visitatori, spostata verso gli alti anta. Sarebbe bello vedere più giovani anche in questa parte di Corso Buenos Aires e non solo davanti alle vetrine.

(*) a parte la signora/custode che mi ha quasi aggredito quando ho tirato fuori il cellulare per appuntarmi il titolo di un’opera, gridando come un’ossessa “non faccia il furbo, non fotografi!”. Il cellulare era puntato verso il pavimento, ma soprattutto il mio cellulare non ha fotocamera, come da me a lei mostrato e come da lei non capito… Sic transit…